Arianna Milia – Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica

Arianna Milia | tel: +39 3917734474

Molte donne possono non essere soddisfatte dall’ aspetto dei proprio seno, perchè troppo piccolo, oppure asimmetrico, oppure perchè dopo un dimagrimento, una gravidanza o col passare del tempo il seno può aver perso volume e forma. In tutti questi casi si può ricorrere alla chirurgia plastica, ed in particolare all’intervento di mastoplastica additiva, che permette di aumentare il volume e migliorare l’ aspetto del seno in base alle esigenze della paziente. La mastoplastica additiva è un intervento individuale che varia da paziente a paziente. Ogni caso è unico e particolare, e verrà trattato dal chirurgo plastico con la massima competenza in base alle singole esigenze e caratteristiche.

La mastoplastica additiva è un intervento finalizzato all’aumento del volume delle mammelle.?Tale procedura chirurgica può essere indicata per diverse ragioni:?incrementare il volume in una donna che considera il suo seno troppo piccolo; correggere la riduzione di volume e l’alterazione della forma dopo gravidanze o dimagramento; bilanciare il più possibile una asimmetria (differenza di volume) tra le due mammelle.?L’intervento essenzialmente consiste nell’introduzione di protesi mammarie, in genere di gel di silicone, o anche di poliuretano in casi particolari, al di sotto della ghiandola mammaria o al di sotto del muscolo pettorale. All’intervento residuerà sempre, per necessità, una cicatrice permanente, seppur di solito assai poco visibile. Non vi è attualmente alcuna evidenza che l’inserimento di protesi mammarie in silicone possa avere una qualsiasi influenza nel determinarsi del cancro della mammella. L’intervento è poco doloroso, è relativamente semplice e dà risultati immediati e durevoli.?Per quanto la tecnica possa apparire di immediata comprensione, esistono in realtà molte variabili legate alla tipologia della paziente, alla scelta della protesi, alla via di introduzione, alla sede di posizionamento, all’opportunità o meno di manovre chirurgiche associate di riduzione di cute in eccesso o di innalzamento del seno “caduto” (mastopessi). Le possibili opzioni sono oggi assai più numerose di quelle disponibili alcuni anni orsono, ed i risultati conseguibili migliori, “su misura” per ogni singola paziente. E’ tuttavia proprio per questo necessario conoscere le alternative, comprendere il modo di procedere del chirurgo e discutere il tipo di intervento che con voi riterrà più idoneo. Candidate all’intervento di mastoplastica additiva sono donne le cui mammelle sono troppo piccole o hanno perso consistenza svuotandosi dopo l’allattamento, o che sono asimmetriche. Nei casi in cui le mammelle siano molto pendule, può essere necessario un intervento di sollevamento del seno (“mastopessi”) in aggiunta o in sostituzione della mastoplastica additiva. Il peso deve essere stabile: modifiche frequenti di peso possono difatti influenzare negativamente la forma e dimensione della mammella operata. L’età non costituisce di solito un problema: dopo una o più gravidanze, o dopo lo sviluppo mammario.?Infine, come per ogni intervento estetico, la paziente deve essere psicologicamente stabile e realistica nelle sue aspettative. Difatti, è importante capire che una mastoplastica additiva potrà migliorare notevolmente l’aspetto, ma non permetterà necessariamente di conseguire una forma perfetta delle mammelle. Specie nel caso di una asimmetria, questa non è perfettamente correggibile con l’impianto di protesi di forma e volume differenti, anche se associato ad una “mastopessi”. Inoltre, seppure di solito non sia visibile il “contorno” della protesi, i bordi di questa possono essere palpabili, laddove lo spessore dei tessuti è minore (specie nei quadranti inferiori della mammella, cioè, sotto il seno). Tutte le protesi mammarie sono costituite da un guscio esterno in elastomero di silicone , mentre esistono diverse possibilità di scelta, per quanto riguarda il materiale di riempimento interno ed il rivestimento esterno del guscio. Sono quindi presenti sul mercato, riguardo il materiale di riempimento : protesi in gel di silicone, più o meno “coesivo”, protesi in hydrogel, e riguardo le caratteristiche della superficie del guscio: protesi lisce, protesi “testurizzate”(a superficie irregolare e rugosa) , e protesi ricoperte da poliuretano.? La “testurizzazione” dalla superficie consente alla protesi di aderire meglio ai tessuti circostanti ed ha ridotto enormemente il fenomeno della “contrattura capsulare” (indurimento) attorno alla protesi stessa.?Oltre al materiale di composizione, le protesi mammarie possono avere forme e profili (proiezione) differenti: in aggiunta alle classiche protesi di forma rotonda (“tonde”) esistono oggi le protesi “anatomiche”, destinate in origine alla ricostruzione mammaria dopo mastectomia. Queste hanno forma ovoidale, “a goccia”, con una graduale diminuzione del volume nella parte superiore; questa forma, simile a quella del seno naturale, consente di ottenere in casi selezionati un risultato molto naturale e di evitare un eccessivo riempimento del polo superiore della mammella. Esistono diversi tipi di protesi “anatomiche” differenti tra loro non solo per il volume, ma per il diametro di base (larghezza), l’altezza verticale e la proiezione (rispetto al torace) mentre, tra le protesi tonde esistono protesi di pari larghezza ma con proiezione differente. In linea di massima, quindi, l’impiego di protesi anatomiche consente di ottenere un polo superiore della mammella meno convesso rispetto alle protesi tonde, anche se la distinzione non è sempre netta, dato che la forma finale molto anche dipende dal volume e proiezione scelti, oltre che dalla quantità di ghiandola e spessore del sottocute presenti. La scelta di un tipo di protesi piuttosto di un altro varia molto in base alle caratteristiche della paziente (età, spessore della cute, forma del torace, etc..) e deve essere discussa accuratamente con il chirurgo. Per quanto riguarda la scelta del volume, questa potrà essere semplificata sia dalla “prova “ preliminare di alcune protesi (ovviamente però sopra la mammella), che, soprattutto, dalla prova intraoperatoria (cioè durante l’intervento) ad opera del chirurgo con appositi “sizers” (in pratica delle protesi di prova) prima dell’inserimento della protesi definitiva.

In ogni mammella, immediatamente al di sotto della cute si trova la ghiandola mammaria, una componente variabile di tessuto adiposo, ed il piano muscolare della parete toracica. Le protesi possono essere impiantate direttamente al di sotto della ghiandola mammaria, o, più profondamente, al di sotto del muscolo grande pettorale. Quando le protesi vengono impiantate in posizione sottoghiandolare, il chirurgo separa la ghiandola dal piano muscolare, creando la “tasca” per alloggiare la protesi. Quando invece le protesi vengono impiantate in posizione sottomuscolare , il chirurgo effettua la dissezione al di sotto del muscolo grande pettorale, creando una tasca per la protesi posta più profondamente rispetto al caso precedente.Il posizionamento sottomuscolare può essere totale (la protesi è del tutto sotto il muscolo pettorale) o parziale, quando la protesi è in posizione sottomuscolare nella porzione superiore della mammella, (dove la cute è più sottile ed il rischio di palpabilità della protesi più alto) ed in posizione sottoghiandolare nella parte inferiore della mammella. Ulteriore variante, è il posizionamento “dual plane”, cioè “ a doppio piano”, con il confezionamento selettivo di due tasche sia sotto che sopra il muscolo pettorale. Il cosiddetto “pinch test”, cioè la misurazione dello spessore del tessuto sottocutaneo nei quadranti superiori della mammella è l’elemento principale nel decidere per un posizionamento sottoghiandolare, sottomuscolare, della protesi.

Come è intuibile, non esiste un posizionamento ideale indicato per tutte le pazienti. Un chirurgo esperto è in grado di indicare la tecnica più adatta alle specifiche necessità della singola paziente, illustrandone adeguatamente vantaggi e svantaggi.

I vantaggi del posizionamento sottoghiandolare sono correlati ad un controllo ottimale della forma della mammella e della posizione del solco sottomammario, all’ assenza di alterazioni di forma della mammella durante la contrazione del muscolo pettorale, ad un intervento più breve e ad un decorso post operatorio più rapido rispetto al posizionamento sottomuscolare.?Ha di contro gli svantaggi di un maggior rischio di visibilità o palpabilità dei margini della protesi (specie al bordo superiore e specie in pazienti con cute poco spessa e/o che desiderino protesi di grosso volume), di una maggiore visibilità della contrattura capsulare se questa dovesse insorgere (in alcuni studi l’incidenza di contrattura capsulare è maggiore nella sede sottoghiandolare che sottomuscolare), di una leggermente maggiore difficoltà nell’esecuzione delle mammografie, che peraltro non costituisce un problema per un tecnico esperto (necessità di effettuare lastre in diverse proiezioni).

La protesi sottomuscolare ha i vantaggi di un minor rischio di visibilità o palpabilità dei margini della protesi, di una possibilmente ridotta incidenza di contrattura capsulare, di una minore visibilità della contrattura capsulare se questa dovesse insorgere e di consentire mammografie più semplici e possibilmente più facilmente interpretabili rispetto al posizionamento sottoghiandolare (la protesi è ben separata dalla ghiandola dal piano muscolare del grande pettorale).?Ha gli svantaggi di un minore controllo della forma della mammella (specie per la porzione superiore interna) e della posizione del solco sottomammario, di un possibile spostamento laterale della protesi con il tempo con allargamento dello spazio del “decoltè” tra le mammelle, di comportare variazioni anche evidenti della forma della mammella durante l’attività fisica (contrazione del muscolo pettorale), ed è infine un intervento più lungo ed un pò più doloroso nel post-operatorio rispetto al posizionamento sottoghiandolare. La tecnica “dual plane” già menzionata minimizza il più possibile questi svantaggi. Le incisioni per la mastoplastica additiva mediante le quali si posizioneranno le protesi possono essere collocate nel solco sottomammario, al bordo dell’ areola (incisione periareolare), o nel cavo dell’ascella. Ciascuna incisione presenta vantaggi e svantaggi specifici, e non esiste una singola via di accesso che possa essere impiegata per tutte le pazienti. L’incisione sottomammaria è la più classica e la più conosciuta. Molte donne preferiscono escluderla per il timore della cicatrice, che di solito, resta assai poco visibile. L’incisione sottomammaria consente una buona visualizzazione dei piani sottoghiandolari e sottomuscolari, può essere usata per ogni tipo di protesi sia per un posizionamento sottoghiandolare che sottomuscolare. La ghiandola mammaria non viene violata perchè la protesi scivola direttamente sotto di essa. ?L’incisione periareolare viene effettuata a semicerchio, lungo il bordo della metà inferiore dell’ areola oppure più verso la metà interna. Ha il vantaggio della buona visualizzazione dei piani sottoghiandolari e sottomuscolari, della possibilità di abbassare il livello del solco sottomammario se necessario, può essere usata per ogni tipo di protesi sia per un posizionamento sottoghiandolare che sottomuscolare, ed esita in una cicatrice finale ben camuffata (peraltro non completamente invisibile) nel punto di passaggio tra areola e cute più chiara. Non è praticabile in donne con areole piccole (meno di 3 cm di diametro), visto che la lunghezza dell’incisione sarebbe insufficiente per consentire l’introduzione della protesi. Presenta i possibili svantaggi (in realtà marginali) di una potenziale interferenza con la sensibilità del capezzolo, e di un rischio possibilmente appena più elevato di contaminazione batterica della protesi. Esiste una modesta interferenza con la ghiandola mammaria, che viene in piccola parte incisa per consentire il posizionamento della protesi sotto di essa. E’ di solito poi anche possibile una successiva revisione, una successiva mastopessi o una sostituzione di protesi per la stessa via.?L’incisione ascellare, nascosta nel cavo ascellare, lontano dalla mammella, apparrebbe essere quella preferibile. In realtà, una serie di limitazioni la rendono consigliabile solo in pochissimi casi piuttosto selezionati. Per via ascellare, può essere impiegata solo una protesi tonda in posizione sottomuscolare. Esiste un rischio leggermente aumentato di ematomi o posizionamento errato delle protesi (asimmetria tra i due solchi sottomammari), in conseguenza della limitata visibilità nell’ allestimento della tasca per l’ impianto, anche nonostante l’ utilizzo di tecniche endoscopiche. Esiste anche un certo rischio di danneggiare i vasi linfatici ascellari, con formazione di briglie che comunque si risolvono a distanza di tempo. Nel caso si renda necessaria la revisione di una mastoplastica additiva eseguita per via ascellare bisognerà comunque di solito impiegare una via di accesso differente (periareolare o sottomamaria), aggiungendo quindi una nuova cicatrice.

Una mastoplastica additiva può essere eseguita sia in anestesia generale ” (di solito con una notte di degenza) che in “sedazione cosciente” (in “day hospital”, quindi senza degenza). La scelta del tipo di anestesia dipende dal tipo di intervento, dai desideri del paziente e dal giudizio del medico.

L’anestesia generale richiede per definizione l’intubazione ed è la scelta più frequente.

La “sedazione cosciente” consiste in una sedazione eseguita prima e durante l’intervento per via endovenosa dall’anestesista, con monitoraggio della pressione, elettrocardiogramma, e saturazione di ossigeno, oltre ad anestesia locale sulla zona operata. Questa soluzione consente l’intervento in regime di day hospital con ritorno a casa la sera, offre eccellenti garanzie di sicurezza e non comporta particolare fastidio o dolore, ma è da riservarsi solo a casi selezionati (ad esempio, alcune additive sottoghiandolari). Al termine dell’intervento, chiusi i piani profondi e suturata con piccoli punti l’incisone, viene applicata una fasciatura modicamente compressiva che verrà rimossa 24 ore dopo l’intervento e sostituita da un reggiseno elastico di tipo sportivo, che rappresenterà la medicazione per tutto il restante periodo post-operatorio. Questo reggiseno non dovrà essere rimosso se non dal chirurgo fino alla rimozione dei punti e in seguito tenuto per il primo mese postoperatorio. L’intervento dura circa due ore. Vengono impiegati dei drenaggi, di solito mantenuti per qualche giorno dopo la dimissione, con una gestione da parte delle pazienti assai semplice. Se l’intervento è stato eseguito in sedazione cosciente la paziente potrà tornare a casa in giornata seguendo scrupolosamente le indicazioni scritte del chirurgo (prescrizioni farmacologiche e di comportamento). Se l’intervento, come è più frequente, è stato eseguito in anestesia generale, sarà necessario riposo a letto fino al giorno seguente, ma sarà consentito bere e un’alimentazione leggera. Saranno anche somministrati antibiotici e farmaci analgesici. Comunque, dopo 24 ore la paziente potrà alzarsi da letto. La deambulazione precoce è anche utile per ridurre il rischio di fenomeni di trombosi degli arti inferiori.

Inizialmente la mammella apparirà leggermente più alta del normale. Questo in particolare quando l’impianto è sistemato al di sotto del muscolo pettorale. Nel giro di alcune settimane l’impianto scenderà in una posizione più naturale.

l dolore è più propriamente una dolenzia di modesta entità (un po’ di più, ma comunque sempre modesto, per il posizionamento sottomuscolare delle protesi) e ben controllabile con i consueti farmaci analgesici. E’ normale sentirsi stanche e dolenti per alcuni giorni dopo l’intervento, come è normale una sensazione di modesta “tensione” alle mammelle. Qualora, invece, doveste avvertire, soprattutto nelle prime ore dopo l’intervento, forte tensione ad una mammella, accompagnata da altrettanto forte dolore da quel lato e da una durezza evidente alla palpazione, dovrete subito avvertire il chirurgo, essendo questi possibili sintomi di un ematoma che dovrà essere al più presto evacuato. Un po’ di gonfiore (edema) è normale, come in ogni intervento, e comunque si risolverà in circa 3-4 settimane. Di solito, non si verificano ecchimosi di rilievo. Dopo circa una settimana di riposo a casa, sarà consentito di riprendere le normali attività lavorative, passeggiare e partecipare ad attività sociali. Per due mesi dall’intervento, la paziente non dovrà dormire prona o comunque esercitando pressione sulle mammelle. Le cicatrici che rimangono dopo una mastoplastica additiva si rendono meno evidenti con il tempo, ma sono comunque permanenti. Nelle prime settimane, le cicatrici appaiono spesso peggiorare, divenendo più rosse, indurite, ed evidenti. E’ necessario attendere 8-12 mesi perché le cicatrici maturino definitivamente, appiattendosi e divenendo più bianche. Per tale periodo, esse non dovranno essere esposte direttamente al sole (quindi impiegare indumenti o creme filtro antisolare totale) e potranno essere massaggiate con idonee creme emollienti. Le strie (smagliature) se presenti prima dell’intervento, non saranno migliorate, ma soltanto distese dalla stessa protesi sottostante. mentre di solito non sono visibili i bordi della protesi, è frequente che essi siano palpabili. Di solito, non è un fenomeno fastidioso, ma è necessario la paziente ne sia consapevole. Per evitare la palpabilità del bordo superiore in donne con scarso spessore dei tessuti, è opportuno il posizionamento sottomuscolare parziale. Per quanto riguarda la palpabilità del bordo inferiore della protesi nei quadranti inferiori della mammella (in basso, sotto il seno), questa può verificarsi sia nel posizionamento sottomuscolare che sottoghiandolare, dato che in quel punto non c’è comunque copertura muscolare. Inoltre, per evitare la palpabilità e visibilità del bordo interno della protesi, spesso non è possibile restringere lo spazio del decoltè tra le due mammelle. E’ necessario quindi che le aspettative della paziente riguardo il decolté siano ben discusse con il chirurgo prima dell’ intervento. La contrazione del muscolo pettorale durante l’attività fisica può comportare una deformazione temporanea della forma delle mammelle nel caso di posizionamento sottomuscolare della protesi. Tale deformazione può essere anche evidente, e talora anche asimmetrica tra le due mammelle.

Dopo l’intervento può essere presente sia una riduzione di sensibilità cutanea che, al contrario e più di rado, una ipersensibilità agli stimoli, specie nel caso di incisione periareolare: quando accadono, questi fenomeni sono, generalmente, del tutto temporanei e scompariranno dopo 6-12 mesi. In alcuni casi, tuttavia, la riduzione di sensibilità è permanente.

Le complicanze nella mastoplastica additiva sono rare, ma possibili. Esse sono di due tipi: quelle legate all’anestesia e quelle legate all’intervento. Per quanto attiene alle prime, sono rarissime nelle persone in buone condizioni generali, e dovranno essere discusse con l’anestesista nel corso della visita anestesiologica preoperatoria. Le complicanze legate all’intervento sono rappresentate da: ematoma, infezione, contrattura capsulare, alterazioni della sensibilità, cicatrici insoddisfacenti, rotazione delle protesi.?Se avviene sanguinamento eccessivo durante o dopo l’operazione, il sangue può accumularsi nell’area operata e può essere necessario riaprire la ferita al fine di rimuoverlo e fermare sanguinamenti ulteriori. Tale ematoma può verificarsi solitamente entro le prime 24 ore, e di solito richiede un ritorno in sala operatoria per rimuovere la protesi, coagulare il vaso o i vasi responsabili, reinserire la protesi e richiudere la ferita. In genere, se opportunamente trattato, un episodio di sanguinamento non causa altri inconvenienti.?Uno pneumotorace (accumulo di aria nel cavo pleurico, con possibile compromissione anche grave della funzione respiratoria per ipertensione del cavo pleurico) è complicanza assai rara ma possibile. (da statistiche statunitensi almeno una volta nella totale casistica di un chirurgo su tre che pratichi abitualmente chirurgia mammaria). Tale complicazione può verificarsi durante o al termine dell’intervento per barotrauma, rottura di bolle polmonari, o lacerazione anche assai piccola della pleura, anche talvolta da ago. Un pneumotorace richiede corretta e rapida diagnosi ed inserimento di un drenaggio toracico, in regime di ricovero. Se trattato adeguatamente, non residua in esiti di rilievo.?Una infezione è assai rara in mani esperte e sala operatoria idonea, ma, laddove dovesse verificarsi, può essere necessario rimuovere le protesi ed attendere almeno tre mesi prima di reinserirle.?Contrattura capsulare (indurimento) : l’organismo reagisce nei confronti delle protesi come ad ogni altro corpo estraneo, dando luogo alla formazione di una “capsula” fibrosa. Normalmente, tale “capsula” si presenta soltanto come una sottile pellicola di contenimento costituita da collagene. In un numero molto limitato di casi, tuttavia, per motivi fondamentalmente non prevedibili perché costituzionali, questa capsula si ispessisce e si contrae rendendo la mammella indurita e di aspetto e consistenza innaturale. Si potranno allora rendere evidenti, quindi visibili, i bordi delle protesi. Ematomi o infezioni post-operatorie favoriscono tale processo. Questa è la più comune complicanza a distanza della mastoplastica additiva, anche se l’incidenza di contrattura capsulare si è oggi notevolmente ridotta con l’uso delle protesi a superficie testurizzata (rugosa). Alcuni studi hanno anche ipotizzato che un’ulteriore riduzione della frequenza della contrazione capsulare possa essere ottenuta ponendo la protesi al di sotto del muscolo pettorale. Ai primi segni di indurimento della protesi, è opportuno consultare il chirurgo in modo che possa provvedere rapidamente con manovre esterne (capsulectomia chiusa) a far ritornare la mammella la sua naturale morbidezza. E’ comunque possibile che questo problema richieda infine un intervento chirurgico di revisione con capsulectomia aperta e possibile sostituzione delle protesi, eventualmente con superficie ricoperta in poliuretano.?Alterazioni della sensibilità della cute e del capezzolo sono insolite, per lo più temporanee, ma potrebbero in rarissimi casi essere permanenti.

Le cicatrici restano a distanza di mesi di solito assai poco visibili. Peraltro, come già detto, può essere utile una occasionale revisione chirurgica (“ritocco”) a distanza, di solito effettuabile in anestesia locale. Come per ogni atto chirurgico, in talune, rare, pazienti, esiste infine la possibilità che le cicatrici restano arrossate e rilevate permanentemente (cicatrici “ipertrofiche” o “cheloidee”). Tale possibilità, anche se estremamente rara nella mastoplastica additiva, non è predicibile prima dell’intervento.?La rotazione di una o ambedue le protesi: argomento discusso nella letteratura scientifica molto recente, è una infrequente complicazione tipica delle protesi “anatomiche”, che comunque si verifica in genere almeno nel 5% dei casi. In seguito a diversi fattori non del tutto chiariti (dissezione di una tasca grande, insufficiente immobilizzazione nel periodo post-operatorio, compressione sulla mammella nel sonno, “biofilm” batterico attorno alla protesi, effetto di “auto-ingrandimento” della tasca legato al tempo ed alla gravità), le protesi anatomiche in alcuni casi possono “ruotare” in vario grado, modificando la forma della mammella in modo innaturale se la rotazione è marcata. In tali casi, è spesso necessario un reintervento per ridefinire la tasca o per sostituire le protesi con protesi con superficie al poliuretano o tonde.?Le complicanze della mastoplastica additiva elencate sopra, anche se numerose e, a prima impressione, preoccupanti, sono, comunque, in sintesi rare e comunque ben affrontabili nella grande maggioranza dei casi. Quando intervengono, generalmente, rispondono ad un trattamento adeguato senza compromettere il risultato finale. Resta fondamentale affidarsi ad un chirurgo esperto.

La durata del risultato è di molti anni, anche se mai permanente, ed è diversa da soggetto a soggetto. Ciò è legato sia alla “durata” delle stesse protesi (vedi oltre) che a modifiche dell’habitus corporeo. Dopo l’intervento, negli anni la mammella “aumentata” andrà incontro ad alterazioni di forma per gravità, gravidanze, invecchiamento e variazioni di peso. Le modifiche della componente ghiandolare e della cute si potranno quindi riflettere in una alterazione dei rapporti tra queste e la stessa protesi, che invece resta fissa, ed in un deterioramento del risultato. Sarà comunque possibile, a quel punto, intervenire con una procedura di risospensione della ghiandola e cute (mastopessi) o sostituzione di protesi. Una gravidanza può avere effetti non prevedibili sul volume mammario, e può alterare significativamente il risultato a lungo termine di una mastoplastica additiva. Riguardo l’allattamento, questo non viene compromesso dall’impianto di protesi mammarie fatto salvo (e comunque solo in parte) in alcuni rari casi di incisione periareolare. Premesso che resta sempre necessaria l’esecuzione di ecografia e/o mammografia (secondo il caso e l’età della paziente) prima dell’intervento, la presenza delle protesi non limita in nessun modo la possibilità di eseguire l’ecografia o la mammografia successivamente. Peraltro, il mammografista deve essere esperto ed informato della presenza delle protesi. Secondo diversi studi, il posizionamento sottomuscolare interferisce meno con l’interpretazione mammografica rispetto al posizionamento sottoghiandolare.?Tutti gli studi più autorevoli recenti hanno dimostrato infine sia che non esiste alcun rischio aumentato di carcinoma della mammella per donne sottoposte a mastoplastica additiva, sia che la presenza delle protesi non interferisce con la diagnosi di tumore.

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